1958 | Il Brasile di Pelé stupisce il mondo

di Adalberto Bortolotti *

Per far uscire il Brasile dal limbo delle occasioni perdute, ci vollero un corpulento oriundo napoletano, Vicente Feola, detto o gordo, "il grassone", e un giovane di colore non ancora diciottenne, Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé. Feola, rischiando in proprio, riuscì a dare un'organizzazione tattica e un razionale modulo di gioco a quei fenomeni inguaribilmente anarchici, che ritenevano la vittoria un tributo doveroso alla loro superiore arte calcistica, ma che non avevano mai vinto nulla. Il Brasile del 1958 apparve, per la prima volta, una squadra, legata a precisi equilibri, in funzione dei quali, per esempio, un'ala sinistra intelligente e altruista come Mario Zagalo veniva preferita, nonostante la rabbiosa irritazione della critica e dell'opinione pubblica, al grande Pepe, dotato di un sinistro molto potente. Il modulo tattico, quattro difensori in linea, due centrocampisti di riferimento, quattro attaccanti, di cui due esterni e due centrali, etichettato come 4-2-4, apparve l'approdo più spettacolare dell'evoluzione del calcio.

29 giugno 1958, Råsunda Fotbollstadion, Solna
Le lacrime di emozione del 17enne Edson Arantes do Nascimento
pochi istanti dopo la conquista della prima Coppa Rimet da parte del Brasile
Quanto a Pelé, il suo ingresso in campo, dagli ottavi di finale in poi, conferì al Brasile una superiorità di tali proporzioni da non ammettere contraddittorio. Giocatore lunare, troppo distante dagli altri per ammettere paragoni, il giovane Pelé entrò subito nella leggenda per non uscirne più.

Il Mondiale del 1958, sesto della storia, si giocò in Svezia, designata (infrangendo per la seconda volta il criterio dell'alternanza fra Europa e Sud America) nel congresso della FIFA del 1954. Nel 1956 morì a Perugia il demiurgo dei Campionati del Mondo, Jules Rimet. Ai vertici della FIFA salì l'inglese Arthur Drewery, presto sostituito dal connazionale Stanley Rous. Il primo vantaggio che ne derivò alle quattro confederazioni britanniche fu quello di non figurare nello stesso girone di qualificazione e quindi di potersi affacciare in forze alla fase finale. Di questo dettaglio, in apparenza marginale, finì per fare le spese l'Italia, nel momento più buio della propria storia calcistica. Gli azzurri mancarono per la prima volta la fase conclusiva di un Mondiale, eliminati dall'Irlanda del Nord. Anche l'Uruguay, battuto dal modesto Paraguay, non superò i gironi eliminatori, sicché le uniche due nazionali detentrici di due titoli, e dunque in grado, teoricamente, di aggiudicarsi la Coppa Rimet, furono entrambe costrette ad abbandonare la scena, per mano di due 'paria' del calcio.

L'edizione del 1958 registrò l'importante ritorno dell'Argentina assente da venti anni nella rassegna iridata, nonché la prima partecipazione dell'URSS. I sovietici infatti sino ad allora si erano limitati alla ribalta olimpica che offriva comodi e decisivi vantaggi al loro dilettantismo di Stato. Nel frattempo, si era notevolmente allargata la base al punto che ben 53 nazioni sottoscrissero la propria partecipazione, rendendo così per la prima volta realmente competitiva la fase di qualificazione, sino allora poco più che accademica. In Europa, oltre all'Italia, caddero la Spagna, il Belgio, l'Olanda, la Svizzera; in Sud America la vittima più illustre fu l'Uruguay. Ma il vero caso scoppiò a proposito dell'unico posto a disposizione di Asia o Africa. La presenza di Israele, che non intratteneva rapporti diplomatici con la maggioranza dei paesi di quei continenti, provocò una serie di forfait: prima la Turchia, poi l'Egitto e il Sudan. Israele si ritrovò così promosso, senza aver giocato un solo minuto. A quel punto la FIFA, per bloccare gli israeliani, scovò una negletta norma regolamentare secondo la quale "nessuna squadra (a eccezione di quelle qualificate di diritto) avrebbe potuto giocare la fase finale, se non avesse disputato almeno una partita di qualificazione". Fu quindi presa la decisione di opporre Israele a una delle seconde classificate nei gironi europei. Il sorteggio favorì il Galles, che si impose nel doppio confronto ed eliminò uno scomodo cliente dal ranking conclusivo.

28 giugno 1958, Ullevi Stadion, Göteborg
Just Fontaine è portato in trionfo dai connazionali dopo aver rifilato quattro reti
alla Germania campione in carica nella finale per il 3° posto: con 13 reti "Justo"
detiene tuttora il record di capocannione in una sola edizione dei Mondiali
Il Brasile costituì indubbiamente l'evento di quel Mondiale, grazie a fuoriclasse come l'oriundo italiano José Altafini, detto 'Mazzola' (in onore del grande Valentino) che, avendo firmato per il Milan prima della fase finale, fu boicottato e sostituito nel ruolo di centravanti da Vavá. Vi furono anche altre protagoniste di rilievo quali la Svezia, padrona di casa, che per l'occasione aveva fatto largo ricorso ai suoi professionisti impegnati all'esterno, la Francia di Kopa e del terribile goleador Just Fontaine, e la Germania Ovest, che onorò il titolo di quattro anni prima completando il quartetto delle semifinaliste.

Brasile e Francia diedero vita a una spettacolare battaglia a suon di gol, che vide i sudamericani imporsi per 5-2, con una tripletta di Pelé, mentre la Svezia venne a capo dei tedeschi grazie alle reti di tre campioni che militavano nel Campionato italiano: Gunnar Gren, Kurt Hamrin e Lennart ('Nacka') Skoglund. La finalissima fu senza storia. Al 3′ la Svezia andò in gol con un tiro rasoterra di Nils Liedholm, ma il Brasile presto pareggiò e al 32′ si portò in vantaggio, vincendo infine per 5-2. Pelé firmò altri due gol, di mirabile fattura. Re Gustavo scese dalla tribuna d'onore per complimentarsi personalmente con quel giovane fenomeno. La foto di Pelé piangente di gioia, consolato dal grande Didí fece il giro del mondo annunciando che era nata una stella.

* Tratto da I Campionati Mondiali, in Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002 (© Treccani)