1950 | L'Uruguay gela il Maracaná

di Adalberto Bortolotti *

Il Mondiale del 1950 fu memorabile perché si svolse, dopo le sanguinose follie della guerra, in un clima di normalità e di ritorno alla ragione, ma nella storia del calcio resterà scolpito soprattutto per la sua incredibile conclusione, insieme grottesca e tragica. La Coppa del Mondo nel frattempo era stata ribattezzata Coppa Rimet e si era stabilito che il trofeo sarebbe stato assegnato alla squadra che avesse vinto i Mondiali per tre volte. L'Italia, dopo la doppia vittoria delle edizioni di Roma 1934 e Parigi 1938, era la prima candidata ad aggiudicarsi il titolo in via definitiva.

29 giugno 1950, Estádio Independência, Belo Horizonte
L'oriundo haitiano Joseph Edouard Gaetjens, attaccante in prestito agli USA
viene portato in trionfo alla fine della partita shock per i sedicenti "maestri"
Nel congresso tenuto dalla FIFA nel 1946, il Brasile aveva ottenuto senza difficoltà l'organizzazione del primo Mondiale postbellico. Due consecutive edizioni europee rendevano obbligatoria la scelta sudamericana e l'Argentina, che poteva essere un'alternativa seria, si fece da parte, prostrata dal lungo sciopero dei calciatori che aveva determinato l'esodo dei migliori talenti nel faraonico calcio colombiano di quegli anni. Già ricco di impianti sportivi, il Brasile volle celebrare l'avvenimento costruendo a Rio de Janeiro il più grande stadio del mondo, il Maracaná. Era il tempio del football, destinato a celebrare l'immancabile trionfo della nazionale di casa. Un solo slogan si propagava da un angolo all'altro del paese: O Brasil ha de ganhar, "il Brasile deve vincere". Dietro l'entusiasmo, lievitavano però le spese sino ad agitare lo spettro del fallimento. Per aumentare gli incassi (più partite, più soldi) fu così scelta una nuova formula, non più a eliminazione diretta, ma a gironi. Tuttavia, delle 16 finaliste (Brasile e Italia ammesse di diritto, le altre uscite dalle qualificazioni), tre (Scozia, Turchia e India) diedero forfait e così i gironi furono 'zoppi': due a quattro squadre, uno a tre, e un altro addirittura a due. Le quattro vincitrici avrebbero dato vita a un ulteriore girone finale. Capitato nel gruppo a due con la Bolivia, l'Uruguay si trovò nel gruppo delle quattro finaliste senza colpo ferire. I brasiliani non si resero conto di aver lanciato un boomerang, che li avrebbe tramortiti.

La grande novità era il debutto, in un Campionato del Mondo, dei maestri inglesi, che sino ad allora avevano sdegnosamente rifiutato di partecipare. L'Inghilterra, per ospitare le Olimpiadi del 1948, era rientrata nell'alveo internazionale, portandosi al seguito le altre federazioni britanniche. Era un momento felice per il calcio inglese, ricco di campioni quali Stanley Matthews, Alf Ramsey, William (Billy) Wright, Tom Finney, Stanley Mortensen. Nella marcia di avvicinamento al Brasile, la nazionale inglese aveva battuto 10-0 il Portogallo a Lisbona, 4-0 l'Italia di Pozzo a Torino (nel 1948), 3-1 la Francia a Parigi, 5-2 il Belgio a Bruxelles. Nei pronostici era considerata il naturale antagonista dei padroni di casa. L'Italia godeva di qualche considerazione soprattutto per essere stata due volte campione in carica più che per il suo effettivo valore. Era temuto l'Uruguay, che rientrava in lizza dopo i forfait in Europa ed era guidato in campo da un genio del pallone, 'Pepe' Schiaffino.

L'Inghilterra suscitò subito un enorme clamore, facendosi battere 1-0 dai dilettanti statunitensi. La notizia appariva incredibile, al punto che a Londra il primo dispaccio di agenzia, "England-USA 0-1" fu ritenuto un errore di stampa e corretto in 10-1. Subito dopo, tuttavia, arrivarono le dolorose conferme. L'autore di quello storico gol statunitense era in realtà un haitiano, Joseph Gaetyens, che sarebbe tornato alla ribalta della cronaca molti anni dopo in circostanze tragiche: a Haiti fu accusato di attività sovversive dal regime di Doc Duvalier e giustiziato dai ton-ton macoutes, i miliziani del dittatore.

16 luglio 1950, Estádio Maracanã, Rio de Janeiro
L'attimo della tragedia nazionale
Non più affidata a Pozzo (allontanato dopo l'infelice esito del torneo olimpico a Londra), anche l'Italia fece una rapida fine. Ancora sotto shock per la tragedia di Superga, che nel 1949 aveva annientato il grande Torino, i calciatori italiani non vollero affrontare il viaggio aereo e raggiunsero il Brasile per nave. Stanchi e male allenati, furono battuti dalla Svezia e a nulla valse la vittoria sul Paraguay. Svezia e Uruguay si qualificarono per il girone finale, con la Spagna che ridimensionò le illusioni degli Stati Uniti e ovviamente il Brasile, il cui attacco 'atomico' si era esaltato in una serie di goleade. La prima linea Friaça-Zizinho-Ademir-Jair-Chico stroncò la Spagna (6-1) e la Svezia (7-1), mentre l'Uruguay superò di misura la Svezia (3-2), e pareggiò con la Spagna (2-2). Alla sfida finale, il Brasile arrivò con un punto in più. Gli sarebbe bastato pareggiare, per conquistare il titolo, ma ovviamente giocò cercando di stravincere. Passato in vantaggio con Friaça, continuò ad aggredire, offrendo voragini al contropiede. Schiaffino segnò il pari; Ghiggia, a dieci minuti dalla fine, colse di sorpresa il portiere Barbosa e regalò all'Uruguay il secondo Mondiale, dopo quello inaugurale del 1930. Al fischio finale, tifosi disperati si lanciarono dall'alto del Maracaná, con un sanguinoso bilancio di morti e feriti. Suicidi in massa seguirono in tutto il Brasile. Il commissario tecnico Flavio Costa e il portiere Macyr Barbosa, minacciati di morte, dovettero lasciare il paese con le loro famiglie. Nunca mais, "mai più", titolavano le gazzette brasiliane.

* Tratto da I Campionati Mondiali, in Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002 (© Treccani)